sabato 19 febbraio 2011


PROVE E CONFUTAZIONI SULL’ESISTENZA DI DIO



PREMESSA



Enunciato è un’espressione linguistica vera o falsa riguardo ai suoi elementi costitutivi.

Argomento è un insieme di enunciati, di cui uno valga come conclusione e gli altri come premesse.

Un argomento è valido se premesse e conclusione sono vere in relazione a conoscenze oggettive e razionali. L’argomento induttivo, a differenza di quello deduttivo, è fondato su enunciati di tipo probabilistico. L’argomento scientifico è valido se tutte le premesse sono vere e confermate dagli esperimenti. L’argomento dimostrativo è scientifico e deduttivo. La logica studia il modo in cui il pensiero si esprime attraverso il linguaggio nonché le condizioni alle quali un ragionamento è corretto (conclusione vera) o scorretto (conclusione falsa).

Sono dimostrazioni deduttive “a priori” quelle indipendenti dall'esperienza, dal dato empirico (come le intuizioni intellettive), che procedono dalla causa (prius) all’effetto (posterius). Sono dimostrazioni induttive “a posteriori”, quello che procedono dagli effetti (empirici) alla causa.

Gli pseudo-ragionamenti non hanno alcuna reale implicazione tra le premesse e la conclusione. Le argomentazioni ipotetiche del tipo “se questo è vero, allora quest’altro segue necessariamente” sono espedienti tipici dei ragionamenti religiosi. Gli enunciati ipotetici, se fondati su assunti arbitrari, avranno conclusioni arbitrarie. Tuttavia, non va trascurata la forza di convinzione di certi pseudo argomenti, che inducono a credere alle conclusioni, benché a un’analisi più approfondita si rivelino falsi o dubbi. Certi avvolgenti ragionamenti tendono in buona o mala fede a rappresentare una realtà inesistente. La fede in entità immaginarie determina false speranze.

L’esistenza o non esistenza di Dio si può dimostrare? Intanto, la prova dell’esistenza incombe su chi tal entità proclama (affirmanti incumbit probatio). Chi non crede all’esistenza di Dio non ha l’onere della prova. Delle religioni professate nel mondo, ognuna di esse sostiene che le altre sono tutte false. Il che porta a concludere che nessuna è vera. I risultati (con ampi margini di certezza), raggiunti dalla scienza evoluzionistica, avvalorano la tesi dell’inesistenza di un ipotetico Dio. Sappiamo che ci siamo evoluti dagli umanoidi e questi dalle scimmie, che l’universo ha origine dal Big Bang e che il nostro destino dipende da noi. La nostra coscienza è un prodotto della materia del nostro cervello. La fede in Dio, poiché entità ipotetica, che si rivela ispirando (Bibbia) o dettando (Corano) la sua volontà e le sue verità a uomini e popoli eletti o addirittura incarnandosi (Cristianesimo) tramite una donna sempre vergine, è una credenza (una “follia”, di cui si vantava san Paolo) inattendibile quanto irrazionale. Del tutto insensata è la fede nel creazionismo, cioè in un Dio preesistito nel nulla e che dal nulla (!) ha creato il cosmo e la vita.

La teologia razionale studia l’ipotesi “Dio” indipendentemente da un’ipotetica rivelazione soprannaturale. Le tre prove classiche dell’esistenza di Dio (ontologica, cosmologica, teleologica) si risolvono o in un indebito passaggio dal piano logico (della conoscenza oggettiva) a quello ontologico (metafisico) o nei paralogismi della ragione, cioè in falsi ragionamenti, con apparenza di verità, che traggono una conseguenza da principi falsi o ammettono come provata una conclusione senza prove o che inducono la ragione a superare i confini dell’esperienza. Errato ragionamento è, secondo Hume, quando nel procedimento di inferenze dagli effetti visibili delle cose si procede oltre le loro cause prossime, risalendo alle cause supreme e invisibili. Secondo Kant, è un ragionamento mediante il quale, muovendo da un qualcosa che conosciamo, giungiamo a qualcos’altro, un concetto, cui attribuiamo realtà oggettiva. Per quanto concerne i ragionamenti deduttivi e induttivi, occorre distinguere le inferenze deduttive, in cui la conclusione è certamente vera se sono vere anche le premesse, dalle inferenze induttive, in cui la conclusione è solo probabile. La validità dell’inferenza induttiva è stata confutata da Russell e Popper. Il metodo scientifico valido di un ragionamento (Popper) consiste nel formulare asserzioni che siano non soltanto verificabili ma anche falsificabili in sede di esperimento.




ARGOMENTI



1)      ARGOMENTO ONTOLOGICO (dimostrazione a priori dell’esistenza di Dio)

Si distingue dagli argomenti degli antichi fondati su ipotesi empiriche (dal mosso al motore immobile, dal causato alla causa prima, dal contingente al necessario, dall’imperfetto al perfetto, dal relativo all’assoluto, dal mutabile all’immutabile), non confacenti per dimostrare l’esistenza di un concetto puro (Kant). Consiste nel tentativo di dedurre la presenza necessaria di un Essere perfettissimo mediante un ragionamento logico, che procedendo da verità logiche o puri concetti “a priori” e attraverso una concatenazione di proposizioni derivate coerentemente le une dalle altre, si termini con una dimostrazione necessariamente vera. Parmenide fu il primo a porre la questione ontologica, basandosi sul principio di non contraddizione: l’Essere è e non può non essere. Anselmo d’Aosta, partendo dalla fede come movente per la comprensione, pretende di dimostrare l’esistenza di Dio da un concetto. Egli, infatti, definisce Dio l’Essere di cui non si può pensare nulla di più grande e di più perfetto, poiché ha in sé ogni perfezione. Ne consegue che, giacché l’esistenza è una perfezione e la perfezione assoluta è contenuta nell’Essere, Dio esiste per definizione, poiché in lui coincidono essenza ed esistenza. L’argomento ontologico però, secondo Tommaso d’Aquino, nasconde un illegittimo passaggio dall’ordine logico all’ordine ontologico, reale. L’idea di perfezione non implica l’esistenza, deducibile “a priori”, perché l’esistenza può essere dedotta solamente “a posteriori”. Anche Cartesio (come Agostino) ipotizza che l’uomo abbia in sé l’idea di Dio (innatismo) come “Essere perfettissimo”. L’uomo, però, è imperfetto per natura, per cui l’idea di Dio non po’ essere stata prodotta dall’uomo, ma da un essere esterno, cioè Dio. Sarebbe contraddittorio un Dio che, assommando in sé tutte le perfezioni, sarebbe privo dell’esistenza. Per Spinoza e Leibniz, Dio è possibile, perché è l’Essere la cui esistenza è implicita nella sua essenza. Se deve esserci una causa per ogni fatto, la causa dell’universo è un Essere necessario che ha in se stesso la ragione della propria esistenza. Per Kant, l’idea di Dio è in noi (soggettivismo trascendentale), ma non si può dimostrare la sua oggettiva realtà. Un successivo sviluppo dell’argomento ontologico è quello proposto da Godel, che ha dimostrato la necessità logica della presenza di un Ente, che assomma in sé tutte le qualità positive, di cui anche l’esistenza. Ammetterne la possibilità, ma negarne la realtà effettiva, sarebbe una contraddizione. Una fra le tesi a favore dell’argomento ontologico sostiene che la scienza empirica è fallibile e limitata, per cui non può arrivare a conclusioni apodittiche su questioni che sono fuori dal suo campo d’indagine, come quelle metafisiche e spirituali. Se compito della scienza, è mostrare le leggi che governano la realtà delle cose, spetta invece alla filosofia e alla teologia spiegarne il significato. La conoscenza scientifica è quindi un ausilio alla fede del credente.



CONFUTAZIONE


Le confutazioni si basano sull’inesistenza di prove soddisfacenti, che possano dimostrare l’esistenza di un ente inesistente nella realtà oggettiva. La logica non è sufficiente a dimostrare l’esistenza di Dio, cioè di una supposta entità fuori dal complesso del cosmo, di cui si presume che ne sia l’artefice. La logica non può dimostrare l’esistenza dell’inesistente. Nessuna dimostrazione logica è in grado di provare che un’esistenza ipotetica, meramente logica (esistenza possibile) sia identificabile con un’esistenza reale o ontologica (esistenza necessaria). Non vi è analogia tra il mondo dell’intelletto (concettuale) e quello dei sensi (reale). Un concetto non implica necessariamente l’esistenza.

Il monaco Gaunilone criticò Anselmo, sostenendo che l’essenza di Dio non può essere intesa dall’uomo, né ci si può fondare sulla supposta esistenza nel pensiero di un ente possibile per dedurne l’esistenza nella realtà sensibile, giacché si possono pensare cose impossibili. La possibilità di un concetto non implica necessariamente l’oggettività reale.

Se Dio è l’essere di cui non si può concepire uno più grande, che contenga ogni perfezione, tra cui anche quella della virtù, ne consegue che egli è l’essere più virtuoso. La virtù però implica il superamento dello stato di pericolo o di sofferenza, quindi Dio è un essere che soffre e che può trovarsi in stato di pericolo, nel qual caso si può concepire un essere più grande, che non soffra e non si trovi in stato di pericolo. Dio, quindi, non può essere virtuoso. Se Dio è un essere perfettissimo, qualunque cosa da lui creata deve essere perfetta, invece il mondo è imperfetto. La natura perfettissima di Dio non aveva alcuna ragione per creare un mondo imperfetto, ma il mondo imperfetto esiste, dunque Dio non può esistere. Se Dio è nello stesso tempo onnisciente (conosce tutto ciò che accadrà e compirà) e onnipotente (può fare tutto ciò che vuole, anche comportarsi in modo diverso da ciò che aveva previsto), la sua onniscienza è in contraddizione con l’onnipotenza. Per evitare la contraddizione, Dio non può essere contemporaneamente onnisciente e onnipotente. L’onnipotenza di Dio, inoltre, si converte in un paradosso: o può annientare se stesso o non è onnipotente. L’onniscienza, poi, esclude in Dio il libero arbitrio. Se Dio è nello stesso tempo trascendente (fuori dallo spazio e dal tempo) e onnipresente (esistente ovunque nello spazio temporale), si cade nuovamente in contraddizione, perché un essere trascendente non può essere onnipresente. Se la natura di Dio è infinita, non può essere altrove, fuori dello spazio e dell’universo. L’esistenza di un essere vivente implica la materia, Dio invece è immateriale, dunque non può essere vivente. L’esistenza non è una proprietà (Kant), perciò non può far parte dell’essenza di un oggetto, essendo la copula (forma verbale) di un giudizio (come quando si afferma l’esistenza di un oggetto di una certa essenza).

Essere è tutto ciò che esiste, giacché percepibile. Dio, invece, non si può né toccare né vedere, né percepire, dunque non esiste, non essendo oggetto di esperienza. Secondo il filosofo Giuseppe Rensi, la proposizione “Dio non è” è un giudizio analitico (cioè la proposizione è vera in virtù del significato delle parole in essa contenute). Il predicato “non è” si ricava dal soggetto Dio, cioè da un ente inesistente. Nessun predicato su Dio può ricavarsi da una verifica empirica.







LE CINQUE VIE DI TOMMASO D’AQUINO


EX MOTU: Tutto ciò che si muove (ogni ente diveniente, che passa dalla potenza all’atto) è mosso da un altro e questo da un altro ancora, ma non si può andare a ritroso fino all’infinito, per cui ci deve necessariamente essere un primo motore (non-divenibile), causa prima, che non sia mosso da altri.

EX CAUSA: Ogni effetto ha una causa e nessun effetto è causa di se stesso; poiché le catene casuali non possono estendersi all’infinito, deve necessariamente esserci una causa prima non causata.

La prova cosmologica si fonda sull’argomento della causa: se tutto ciò che ha un inizio, ha una causa determinante, anche l’inizio dell’universo ha una prima causa non causata, cioè Dio, posto fuori dal divenire.

EX CONTINGENTIA: Se tutte le cose presenti in natura sono contingenti, poiché non hanno in sé la ragione della loro esistenza, deve necessariamente esserci un essere di per sé necessario, che non tragga da altri la propria necessità, ma sia causa di necessità ad altri.

EX GRADU PERFECTIONE: Se in ogni cosa vi è un grado di perfezione che si accosta in parte al massimo grado, deve esserci necessariamente un essere al massimo grado di perfezione che sia causa dei gradi intermedi di perfezione in tutte le cose.

EX FINE: Se tutte le cose sono ordinate a un fine e alcune di esse sono prive d’intelligenza, deve necessariamente esserci un essere intelligente che indirizzi tali cose verso uno scopo.

L’argomento teleologico (o della “finalità” o del “Disegno Intelligente”) parte dal presupposto della complessità dell’universo e dall’armonia della natura per teorizzare l’esistenza di un artefice intelligente, che ha posto in essere il creato per uno scopo.



CONFUTAZIONE


La ricerca delle origini è sempre un regresso infinito. Il fatto che non si possa procedere all’infinito nella concatenazione delle cause e degli effetti non implica necessariamente l’esistenza di Dio. Se ipotizziamo che nessuna cosa è causa di se stessa, perché dovrebbe necessariamente esserci una causa prima oltre la realtà fenomenica? La causa prima potrebbe essere una causa fisica che causerebbe sia le cause seconde sia se stessa (una sorta di auto creazione). O tutte le cose hanno una causa, quindi anche Dio, oppure esiste qualcosa che sia causa non causata, e questa potrebbe essere la materia o qualsiasi altra cosa fisica, senza necessariamente ricorrere al concetto di Dio (come suggerirebbe il “rasoio di Ockham”, cioè di tagliare le ipotesi superflue). Sappiamo che nulla si crea dal nulla, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma. La materia può essere sempre esistita, sia pure sotto forma di energia. La causa prima non causata non necessariamente deve essere migliore di ciò che determina. Il concetto di causa e delle sue conseguenze implica quello della temporalità, mentre Dio sarebbe fuori dal tempo e dallo spazio, immobile, non conforme alle condizioni formali dell’esperienza, dunque un non essere, impedito a compiere interventi nelle vicende terrene.

Il rapporto causa–effetto non costituisce una connessione logicamente necessaria, ma contingente. L’effetto B causato da A, che si è verificato in tutti i casi finora esaminati, non è certo che continuerà sempre a verificarsi. Il metodo per ricercare le cause non è il ragionamento “a priori” ma l’induzione fondata sull’esperienza. A livello subatomico si può parlare di causa soltanto a livello probabilistico. La cosmologia quantistica esclude la causa prima. Il Big Bang e la nascita degli universi teorizzano fenomeni ricorrenti. L’invarianza delle leggi naturali, cioè la regolarità presente in natura, non è sufficiente a provare l’esistenza di Dio. Nei giudizi universali, in cui un’entità di un certo tipo ha una certa proprietà, non sarà possibile una completa verifica, in modo tale da poter affermare con certezza assoluta che tutte quelle entità hanno sempre quella medesima proprietà.

Se ogni cosa ha una causa, perché Dio non dovrebbe averne una? Perché Dio deve essere soprannaturale e con le qualità attribuitegli dalle religioni? Perché non potrebbe essere l’universo a essere causa di se stesso, a essere creativo? Se ogni accadimento avviene in rapporto alle leggi della meccanica celeste, volute da Dio, ne consegue che anche Dio è limitato da tali leggi, che potrebbero essere a lui preesistenti. Se prima dell’universo non c’era nulla, dunque non c’era neanche Dio. Se l’universo ha una causa iniziale, perché non la teoria scientifica del Big Bang? Se il vuoto è spazio senza materia visibile, ma carico di energia, perché non l’energia causa dell’universo?

L'idea di poter riconoscere la presenza di un supposto “Disegno Intelligente” nella natura, non prova l'esistenza di un Creatore. Perché ci deve essere necessariamente una ragione soprannaturale artefice dell’esistenza delle cose? Perché non piuttosto il complesso meccanismo chimico-fisico (non intelligente) all’origine del tutto? L’argomento del “Disegno Intelligente” si avvale dell’analogia tra un orologio, che presuppone un costruttore (l’orologiaio), e l’ordine della natura, che presuppone un ordinatore (il Creatore). La complessità dell’universo e della natura è proprio l’oggetto di studio della scienza, che procede con cautela alla scoperta delle leggi e delle cause che determinano i fenomeni materiali, piuttosto che avvalersi dell’ipotesi di un Ente soprannaturale (ossia qualcosa di più complesso e del tutto improbabile). Una valida teoria alternativa, proposta dalla scienza, che trova riscontri nella realtà, è quella evoluzionistica (teorizzata da Darwin), osteggiata dai religiosi fondamentalisti, apostoli del creazionismo, indirettamente aiutati nella loro missione dall’inadeguata formazione scientifica dell’insegnamento scolastico in molti stati. La selezione naturale delle specie viventi comparse sulla terra agisce sulle variazioni prodotte da mutazioni casuali genetiche. Soltanto gli organismi che si adattano meglio all’ambiente riescono a sopravvivere e a riprodursi. La selezione naturale, come la “mano invisibile” di Smith, regolatrice delle interazioni economiche di libero mercato, ha condotto all’emergere spontaneo delle varie specie terrestri. La specie umana si è evoluta in virtù della selezione naturale, non per effetto di un’improvvisa creazione dal nulla di specie immutabili (creazionismo fissista).




2)      L’ARGOMENTO DEL PRINCIPIO ANTROPICO


Il principio antropico pretende di spiegare su basi cosmologiche l’esistenza della vita. Tale principio afferma che il mondo e le leggi fisiche che regolano l’universo sono necessari affinché gli esseri umani possano esistere. Leggi fisiche differenti precluderebbero l’esistenza della vita. Dunque, soltanto la presenza di costanti fisiche e inderogabili nell’universo (che sarebbe irragionevole considerare un semplice prodotto del caso) ha consentito la nascita della vita e in particolare della vita intelligente. Il mondo, in sostanza, è stato pianificato per noi da un Creatore.



CONFUTAZIONE


Il nostro sistema solare fa parte della “Via Lattea”: una galassia anonima in uno sconfinato universo di galassie (miliardi di galassie costituite di miliardi di stelle). In questo scenario, la Terra è uno sperduto pianeta negli abissi del cosmo e l’uomo è un essere solo nell’immensità indifferente dell’universo. La sopravvivenza della vita sulla terra è connessa a quella della sua stella, destinata a spegnersi con l’estinzione dell’altra. Non possiamo comunque escludere che nessun’altra forma di vita sia possibile. La credenza nella fine imminente dei tempi per cause diverse dall’estinzione del sole (come la collisione della Terra con un asteroide), è un evento probabile, e ogni giorno potrebbe essere l’ultimo della vita sulla Terra (senza bisogno di prospettare apocalissi divine).

Il principio antropico si fonda sull’osservazione sperimentale di un insieme di coincidenze che, per quanto siano numerose, non provano nulla di per sé (secondo la teoria delle probabilità). Esso è un’argomentazione di tipo finalistico (come quella teleologica), estranea al metodo scientifico. Asserire che se l’universo non fosse strutturato così com’è, il mondo e noi non ci saremmo, è una tautologia che non dimostra un bel nulla. Attendiamo con pazienza che la scienza arrivi a elaborare una solida teoria sulle condizioni iniziali dell’universo o che si confermi quella riguardante la selezione naturale cosmologica, secondo la quale dai buchi neri nascono nuovi universi tra loro differenti. Quanto alla vita sulla Terra, abbiamo le prove dell’evoluzione sia nella selezione naturale effettuata nei laboratori, sia in quella ad opera di coltivatori e allevatori. Per quanto concerne l’uomo, ci sono prove evidenti nei fossili ritrovati, che attestano la nostra discendenza dagli ominidi, nonché nella moderna genetica evolutiva.




3)      L’ARGOMENTO DELLA SCOMMESSA


Secondo Pascal, nelle questioni religiose più che la ragione valgono i sentimenti e soprattutto l’utilità e il guadagno, come in una scommessa. Se, infatti, scommettiamo su Dio, ci sono due possibilità: credere o non credere. La scelta dipende dalla probabilità dell’esistenza di Dio associata a vantaggi e svantaggi. Scommettere sull’esistenza di Dio si può o vincere e ottenere il premio del Paradiso o perdere e sprecare la vita. Se invece si scommette sulla non esistenza di Dio e si vince, ci si gode la vita; se si perde, si finisce arrostiti nell’Inferno. Se consideriamo che il premio del Paradiso e il castigo dell’Inferno siano eterni, mentre una vita sprecata o goduta sia breve, conviene scommettere sull’esistenza di Dio, dove a una vincita infinita si contrappone una perdita finita. Se invece scommettiamo sull’inesistenza di Dio, a una vincita finita si contrappone una perdita infinita.

Paragonata a una scommessa in una bisca, l’argomento di Pascal si fonda più sulla convenienza di un improbabile guadagno che su una sincera convinzione di fede.









ARGOMENTI MINORI


A) Una curiosa dimostrazione teologico-matematica argomenta che Dio può creare qualcosa dal nulla, cioè dallo zero. Si assume come simbolo dell’infinito X/0, si moltiplica per zero e si ottiene il simbolo dell’indeterminazione 0/0, che rappresenta un qualunque valore, ossia la creazione dell’universo dal nulla per opera di una potenza infinita, cioè Dio.

Si obietta che la pretesa di creare qualche cosa (ossia 0/0) con lo zero (dal nulla) presuppone che Dio sia già in possesso di una quantità determinata (ossia X).

Se l’universo comprende tutto ciò che esiste, non ci può essere una causa esterna, un essere immutabile, indipendente, creatore. La sequenza di esseri mutevoli deve avere una causa interna.


B) Un argomento a favore dell’esistenza di Dio è la tendenza psicologica a scoprire nelle coincidenze dei fenomeni, soprattutto se hanno risonanza emotiva, un misterioso significato, una ragione. In realtà, l’unica ragione è quella della pura coincidenza, sulla quale tendiamo a proiettare i nostri pregiudizi e a voler vedere una conferma delle nostre credenze.


C) L’argomento delle profezie parte dal presupposto che se le profezie rivelate si sono avverate, chi le ha proferite ha dichiarato la verità e ciò confermerebbe l’esistenza di Dio. Supponendo che non si tratti di profezie post eventum (come per la maggior parte sono), il fatto che talune si possano verificare, non costituisce un argomento valido, posto che, dal punto di vista della scienza statistica, la probabilità che un dato evento possa verificarsi non è un fatto anomalo. Pensiamo ai cultori delle presunte e ingarbugliate profezie di Nostradamus, da cui ricavano interpretazioni profetiche per ogni accadimento. Pensiamo alle presunte apparizioni della Madonna a incolti pastorelli di Fatima, cui si presume abbia rivelato tre importanti segreti, cioè delle profezie. In realtà, tali pretese profezie sono inquadrabili nella categoria delle “post-monizioni” (annunci fatti dopo che gli eventi narrati sono già accaduti). Le profezie di Fatima erano così vaghe che potevano essere adattate per ogni evento. Le prime due furono interpretate come predizioni della seconda guerra mondiale e come ascesa e caduta del comunismo sovietico. La terza, come predizione dell’attentato al papa Paolo Giovanni II. Inutile ripetere le critiche circa la superficialità, l’inconsistenza storica, le evidenti incongruenze e l’illogicità manifesta delle suddette profezie. L’ultima, inspiegabilmente, è stata tenuta per lungo tempo segreta.


D) Un altro argomento soggettivo è quello della presupposizione. Un libro sacro presuppone l’esistenza di Dio. La storia che vi si racconta è convincente, dunque il racconto testimonia l’esistenza di Dio. Ad accreditare la veridicità del racconto è l’abitudine conseguente all’appartenenza a una tradizione di valori e usanze religiose e culturali, assimilate durante la fase educativa della prima infanzia e dell’adolescenza, che rende la persona meno critica di fronte all’illusione della religione. Gli enunciati presenti nei libri sacri, pur essendo ricchi di significati che suscitano emozioni, non sono dimostrativi del vero. Affermare che le asserzioni di un libro sacro sono vere, perché sono state scritte su ispirazione o addirittura su dettatura di un Essere divino, è un ragionamento circolare che non dimostra nulla. Nell’esaminare l’affidabilità dei testi sacri è preferibile avere una buona dose di scetticismo, prima di appagare il bisogno emotivo di credere, anche in assenza di prove provanti. Il fervore di credere in qualcosa, indotto dalla connaturata spiritualità dell’uomo o dal senso di vacuità esistenziale, porta facilmente a confondere l’immaginazione alimentata dal sentimento con la certezza razionale della realtà. Santi e martiri rafforzano la credibilità di una religione. Più è esteso il numero dei credenti più valore si attribuisce a una fede (effetto club).


E) L’argomento dei miracoli si affida alla testimonianza di eventi soprannaturali, che fornirebbero la prova dell’esistenza di Dio. E’ un argomento che fa più notizia rispetto alle scoperte scientifiche. Quando un evento improbabile è ritenuto causato da un intervento divino, si crede che sia un miracolo, come l’improvvisa guarigione da un male incurabile o lo scampare da una catastrofe. Non ci si chiede perché Dio non abbia evitato il male o la catastrofe, che procurano sofferenza e morte alle persone non miracolate. Se Dio è infinito dovrebbe contenere in sé il male, ma Dio è sommo bene, perciò non potrebbe volere l’esistenza del male. L’una proprietà di Dio esclude l’altra. Un presunto miracolo non può violare una legge di natura, se ciò accadesse, significherebbe che tale legge è sbagliata e va rivista. Dio non può fermare il sole (cioè la rotazione della Terra) e la luna per favorire Giosuè a danno dei suoi nemici (Giosuè 10,12-14).


F) Qualunque definizione si voglia dare di Dio, non equivale a dimostrare la reale esistenza di un Essere che sia a nostra immagine e somiglianza. Asserire che Dio è ciò che non si può spiegare, significa semplicemente ammettere i nostri limiti, posto che, in base al teorema d’incompletezza di Godel, noi possiamo soltanto comprendere informazioni inferiori a noi per complessità. Asserire che Dio è l’incredibilmente complesso è pura tautologia.


G) La tendenza cognitiva e l’emotività sono fattori che inducono le persone a credere in Dio. Tramite la funzione cognitiva, la mente elabora le informazioni provenienti dall’ambiente esterno e percepite per mezzo dei recettori sensoriali. Il mondo percepito è interpretato dalla mente ed espresso mediante il linguaggio. Lo sviluppo cognitivo di un individuo dipende dall’intersoggettività (apprendimento mediante l’interazione con altri individui) e dalle esperienze vissute. La mente ha la tendenza a consolidare convinzioni e idee che si sono acquisite in passato e che trovano conferma nella quotidiana esperienza di vita. Una volta consolidate, difficilmente la mente tende a modificarle, se non con estrema lentezza e in modo parziale. Occorrono forti stimoli per modificare il proprio modo di pensare. Le convinzioni religiose, assimilate dalla tradizione culturale in cui si vive, non sono, per la maggior parte delle persone, scelte razionali. La disposizione a credere, indotta dalla propria educazione e dalla società in cui si vive, può trasformarsi in una indubitabile certezza. Una volta che si abbraccia un’opinione, si difende in tutti i modi, cercando argomenti che possano confermarla, piuttosto che dar peso agli argomenti che possono inficiarla. La credenza in Dio, dunque, non è innata nell’uomo, giacché è il prodotto della cultura assimilata durante il periodo dell’infanzia e dell’adolescenza.


H) La convinzione che la legge morale sia tendenzialmente universale, porta a credere che sia stata infusa da Dio. In realtà i codici morali delle varie culture hanno in comune soltanto alcun valori fondamentali, interiorizzate dall’uomo durante il lungo processo di evoluzione.



CONCLUSIONE


Le credenze religiose non sono né verificabili né falsificabili, se non post mortem. Esse sono assunte con la fede, che non chiede ragioni e dimostrazioni. La ragione, invece, dubita riguardo a verità metafisiche, presunti miracoli, racconti inverosimili di scarso valore storico o fondati sulla superstizione o sulla testimonianza d’ispirati mistagoghi, intermediari tra la divinità e gli uomini.


Lucio Apulo Daunio


BIBLIOGRAFIA

Ambrosetti Antonio, La matematica e l’esistenza di Dio

Anselmo d’Aosta, Proslogion

Barrow John D., Da zero a infinito. La grande storia del nulla

Dawkins Richard, L’illusione di Dio: Le ragioni per non credere

Descartes René, Meditazioni metafisiche

Giorello Giulio, Di nessuna chiesa: La libertà del laico

Godel Kurt, La prova matematica dell’esistenza di Dio

Hitchens Christopher, Dio non è grande

Hume David, Dialoghi sulla religione naturale

Kant Immanuel, Critica della ragion pura

Odifreddi Piergiorgio, Il vangelo secondo la scienza

Onfray Michel, Trattato di ateologia

Paulos John Allen, La prova matematica dell’inesistenza di Dio

Pievani Telmo, Creazione senza Dio

Riva Ernesto, Breve storia dell’ateismo

Russell Bertrand, Perché non sono cristiano

Stenger Victor J., Perché la scienza non crede in Dio

Timossi Giovanni R., Prove logiche dell’esistenza di Dio

Vacca Roberto, Dio e il computer


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